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I plurali in -ai
e le inconsistenze intrinseche
delle cosiddette "grafie in o"

Grammatica del genovese - Fiorenzo Toso
pag.53 n.23:
[...]
Un caso particolare è offerto dalle parole in -ao come sùccao 'zucchero', çeixao 'cece'; la desinenza del plurale è regolare ( sùccai 'zuccheri',çeixai 'ceci'), ma alla pronuncia del singolare come [sükow], [séyžow] corrisponde il plurale [sükey, séyžey], e cosí via.[...]
"Çercâ u mâ cumme i mêghi"...

No, non è il titolo.

È il pensiero che avevo in mente tentando di fornire a Conrad dati attendibili sulla lingua di Genova e trovandoli, frequentemente, in contrasto con le sue letture.

Cerco di chiarire.

A tutti pare ormai evidente che:

  1. le grafie che possiamo definire tradizionali indirizzavano un pubblico che conosceva la lingua a priori e veniva, pertanto, a trovarsi nelle condizioni di poter autonomamente superare incongruenze o imperfezioni della rappresentazione grafica stessa;

  2. le grafie tradizionali del genovese hanno sempre ricercato un'aderenza alla grafia dell'italiano standard maggiore di quanto possa consentire l'indole propria della lingua genovese.
Da quanto sopra esposto ma, soprattutto, da quanto a noi tutti noto, risulta scontato che nelle grafie di tipologia tradizionale permangano incongruenze e inconsistenze.

Ma, andare a proporre nuove incongruenze e nuove inconsistenze, anche laddove le grafie tradizionali ne sono prive e corrispondono impeccabilmente alla pronuncia della lingua della città di Genova (date anche le attuali condizioni della lingua stessa e le difficoltà che si riscontrano nella sua promozione) mi pare proprio ciò che a Genova viene definito come "çercâ u mâ cumme i mêghi"!

Mi riferisco alle perplessità di Conrad che legge alla pag.53, §23 della "Grammatica" del prof. Toso che i plurali in "-ai" (atono) andrebbero pronunciati come "-ei" (? ! ?).

Riporto il testo nella sua integralità :

"Un caso particolare è offerto dalle parole -ao [in realtà si tratta del dittongo atono /-Ou/] come sùccao [in realtà /'sykkOu/] 'zucchero', çeixao [in realtà /'sejZOu/] 'cece'; la desinenza del plurale è regolare (sùccai [in realtà /'sykkaj/] 'zuccheri', çeixai [in realtà /'sejZaj/] 'ceci),

... e fin qui ..., ma il testo prosegue...

"ma alla pronuncia del singolare come [sükow], [séyžow] corrisponde il plurale [sükey, séyžey], e cosí via."

A questo punto, si dice a Genova, "me tuccu se ghe sun"...!

/'sykkej/ ?!

Questa non è la lingua di Genova!

Si è sempre scritto "-ai", proprio perché a Genova si pronuncia, appunto, /-ai/ (o /-aj/, se si preferisce una grafia ancora piú fonetica che sottolinei che la sillaba finale è costituita da un dittongo): /'sykkaj/.
In questo caso non occorrerebbe neanche effettuare verifiche o inchieste: le grafie tradizionali rispecchiano correttamente la realtà.
Ricordo benissimo i pescatori di Priaruggia (Quarto) che pescavano e pescano tuttora "sâgai" /'sa:gaj/ e "pâgai" /'pa:gaj/ e trovano nelle loro reti anche "cœnnai" /'kœnnaj/, "mŷzai" /'my:zaj/ e "fîgai" /'fi:gaj/, tranquillamente inconsapevoli che il mare davanti a loro tenga in serbo specie ittiche denominate /'sa:gej/, /'pa:gej/ et c...!?

Perché mai si propongono irregolarità di pronuncia che, per quanto attiene alla lingua di Genova, non hanno ragione di esistere ?

Non si potrebbe, almeno, avere un'informazione, che riterrei piú corretta e, cioè, localizzata geograficamente, del tipo: "a Genova si pronuncia cosí, a XYZ diversamente..."?
Questo tipo di informazione eviterebbe scorrette attribuzioni e darebbe a chi legge una conoscenza e una visione piú ampia.

A Genova esiste una serie di sostantivi che hanno il singolare in /-Ou/ ed il plurale in /-aj/, quali:
"gànbou" /'gaNbOu/ - "gànbai" /'gaNbaj/ (it. gambero -i),
"sœccou" /'sœkkOu/ - "sœccai" /'sœkkaj/ (it. zoccolo -i ),

le specie ittiche sopra citate:
"sâgou" /'sa:gOu/ - "sâgai" /'sa:gaj/ (it. sarago -i ),
"pâgou" /'pa:gOu/ - "pâgai" /'pa:gaj/ (it. fragolino -i ),
"cœnnou" /'kœnnOu/ - "cœnnai" /'kœnnaj/ (it. latterino -i ),
"fîgou" /'fi:gOu/ - "fîgai" /'fi:gaj/ (it. boccadoro),
"mŷzou" /'my:zOu/ - "mŷzai" /'my:zaj/ (it. muggine -i ovvero cefalo -i)

e, anche,
"dàttou" /'dattOu/ - "dàttai" /'dattaj/ (it. dattero -i) e
"chigœmmou" /ki'gœmmOu/ - "chigœmmai" /'ki'gœmmaj/,
che, a Genova, non significa "cocomero", bensí "cetriolo"
(il "cocomero" o "anguria", a Genova, è detto "pateca" /pa'te:ka/).

Anche termini di uso piú tradizionale quali "méizou" /'mejzOu/ (it. mezzaro, scialle di cotone), "fúccou" /'fukkOu/ (it. furbacchione) e "fúrgou" /'furgOu/, (parola antica per petardo), hanno, rispettivamente, come plurali "méizai" /'mejzaj/, "fúccai" /'fukkaj/ e "fúrgai" /'furgaj/, che è rimasto ancora allo stadio di "fúrgari" /'furgaRi/ in molte parlate del Ponente ligure (mediante il simbolo grafico /R/ si intende denotare la pronuncia palatale dell'antica erre intervocalica).

Quanto esposto è incontestabilmente confermato, relativamente alla lingua urbana (alla quale corrisponde totalmente il genovese scritto), dall'autorevolezza di studiosi quali, tra altri, il Parodi e l'Ageno.
Il Parodi al §74, alla pag.130 dei suoi Studj liguri, fornisce i plurali /'dattaj/ = datteri e /'sœkkaj/ = zoccoli, già esaminati.
L'Ageno, nei suoi Studi genuensi, alla pag.85, afferma che si ha il dittongo /-aj/ atono finale per
"il plurale di tutti i nomi che al singolare hanno /-au/ per desinenza atona" (pronunciato attualmente /-Ou/).

Teniamo in considerazione che il plurale in /-aj/ è presente anche nei toponimi.
Io mi esimerei dall'andare ad illustrare ai cittadini di Chiavari che il nome della loro città è da loro scorrettamente pronunciato come "Ciàvai" /'tSa:vaj/ e andrebbe, secondo grammatica, pronunciato /'tSa:vej/.
Mi esimerei, altresí, dal formulare la stessa proposta agli abitanti di Bavari, che non pronunciano se non "Bàvai" /'ba:vaj/, e di una miriade di altri piccoli centri che ognuno può divertirsi a identificare sulla carta geografica, a riprova che il fenomeno del plurale in /-aj/ è tutt'altro che esclusivamente urbano...

A Genova si ha un ulteriore toponimo, ormai ricordato solamente dai due o tre Genovesi autentici rimasti, che si riferisce alla zona sottostante il giardino del palazzo di Andrea D'Oria, che era indicata come "da bassu ai Síngai" /da 'bassu aj 'siNgaj/ (letteralmente sotto agli Zingari).
Anche "da bassu", conservato tuttora in alcune zone periferiche, risulta ormai desueto in città, dove si dice, quasi esclusivamente, "de sutta" /'de 'sutta/.
Inoltre, il tratto delle mura una volta presenti nella zona cui ci riferiamo era detto "e miage d'i Síngai" /'e 'mja:dZe d 'i 'siNgaj/ (síngou /'siNgOu/ - síngai /'siNgaj/ = it. nomade, Rom, zingaro).

Singolare in /-Ou/, plurale in /-aj/.

In definitiva, se le grafie tradizionali hanno sempre riportato tutti plurali in "-ai", è proprio per indicare questa pronuncia, /-aj/, e nessun'altra.
Se si fosse voluto indicare la pronuncia /-ei/, si sarebbe scritto proprio cosí.
E proprio cosí sono sempre stati rappresentati dalle grafie tradizionali plurali quali "angei" (it. angeli) o "zenei" (pronunciato in realtà /'zennej/, con la /n/ di intensità doppia, it. generi, nel significato dell'affinità familiare).
E si disse e si scrisse "piggimei" per "prendimeli", mentre oggigiorno viene fatto maggiore ricorso alla forma italianizzata "píggimeli" /'piddZimeli/.

Eventualmente, è al singolare che le grafie tradizionali non hanno seguito l'evoluzione della lingua.

Infatti in queste grafie si scrive ancora "angeo" (piú anticamente "angero") ciò che è, ormai da molto tempo, pronunciato /'aNdZOu/, in quanto /-eu/, tradizionalmente grafato come "-eo", ha dato, al singolare, il dittongo /-Ou/.
Si scrive altresí "gambao" ciò che da assai tempo noi pronunciamo /'gaNbOu/, perché anche /-au/, tradizionalmente grafato "-ao", è stato dittongato in /-Ou/.

In sostanza, il genovese ha unificato in /-ou/ tanto i singolari provenienti da /-au/, quanto quelli provenienti da /-eu/, ma ha lasciato immutati i rispettivi plurali, mantenendoli distinti in /-aj/ ed /-ej/, a secondo dell'origine.

In genovese antico, a differenza dell'italiano standard, il nome del rosso crostaceo veniva scritto "gambaro" e pronunciato /'gaNbaRu/, con due vocali /a/. Il plurale era "gambari" /'gaNbaRi/, da cui si ebbe, con perfetta regolarità, "gàmbai" /'gaNbaj/, a causa dell'eliminazione urbana dell'erre intervocalica.
Dunque, regolarissimo plurale in /-aj/, non in /-ej/!
A ulteriore riprova si può citare che a Genova esiste il cognome Gambaro e, quale che sia il significato etimologico del cognome stesso, i rappresentanti di questa nobile famiglia lo intesero quale derivato dal nome del crostaceo e vollero effigiato proprio un rosso gambero nello stemma familiare.

Se si volesse ampliare un poco il tema proposto e focalizzarsi per un attimo su un'altra transizione grafica che la lingua genovese urbana ha subito, si potrebbero trarre utili indicazioni esaminando l'evoluzione linguistica dei participi passati della prima coniugazione.

Il tema è strettamente correlato a quanto fin qui proposto.

La transizione dall'antica grafia "cantao" (anticamente pronunciato /kaN'ta:u/, con la vocale /a:/ lunga e senza dittongazione, come tuttora in buona parte della valle dell'Aveto e altrove) a quella moderna "cantòu" (pronunciato /kaN'tOu/, it. cantato) contrassegna l'epoca alla quale può essere fatta risalire una significativa inconsistenza delle grafie tradizionali che grafano "o" per /u/.
Infatti, la rappresentazione grafica del dittongo /Ou/ (venutosi a creare, inizialmente in poche altre occorrenze e, assai piú consistentemente, nei participi passati e, in seguito, anche in altre parole, a causa della caduta dell'erre intervocalica) indica esplicitamente al lettore che la corretta pronuncia del dittongo stesso richiede il rapido passaggio dell'emissione vocale dal timbro di /O/ aperta a quello di /u/, trascritte in tutta evidenza per ciò che esse sono realmente.
Altrimenti, il dittongo non potrebbe essere pronunciato correttamente.

Dunque:

  • il dittongo /-Ou/ entrò a far parte dell'inventario fonematico riconosciuto della lingua genovese urbana;


  • a causa del contrasto diretto tra il timbro di /O/ e il timbro di /u/, la struttura grafica tradizionale dovette ricorrere all'unica alternanza possibile e cioè: la lettera "o" per il suono /O/ e la lettera "u" per il suono /u/;


  • da questa convenzione grafica, quasi scontata e riscontrata come banale da parte di molti,si originò però una significativa crepa nella consistenza dell'edificio delle "grafie tradizionali in o";
È da quel momento (e gli studiosi possono proporre delle datazioni notevolmente precise) che, indipendentemente dalle motivazioni favorevoli o contrarie alle "grafie tradizionali in o" o a quelle "in u", si è avuta, nei fatti, una sorta di delegittimazione per inconsistenza delle grafie tradizionali a riprodurre il genovese attuale, (non quello antico).
(In questa breve trattazione, per necessità esemplificativa, non vengono prese in considerazione, come, invece, richiederebbe la completezza di esposizione dell'argomento, altre occorrenze del dittongo /Ou/, perché molto meno frequenti nella lingua e nei testi scritti.)
Infatti, da questo momento, le grafie tradizionali non possono piú nemmeno definirsi "in o" (e, quindi, discutibili in quanto ad aderenza fonetica, ma pur sempre consistenti), ma possono essere solamente classificate quali "grafie in o - u", in cui, cioè, il timbro di /u/ viene reso sia con "o" sia con "u", e, quindi, intrinsecamente inconsistenti. Esse, infatti, da allora in avanti, permarranno inconsistenti, oltre ad altre motivazioni che non trovano spazio nelle presenti note, per il semplice fatto che denotano il fonema /u/ sia mediante il simbolo "o" sia mediante il simbolo "u".

In tempi successivi all'adozione del dittongo /Ou/ per i participi passati, anche le finali atone /-aRu/ ed /-eRu/, a seguito della caduta della erre intervocalica, passeranno ad /-au/ ed /-eu/, e finiranno per confluire e confondersi nell'unico dittongo /-Ou/.

Si ebbero cosí
"angero" /'aNdZeRu/ "angeo" /'aNdZeu/ "àngiou" /'aNdZOu/ (it. angelo) e
"gambaro" /'gaNbaRu/ "gambao" /'gaNbau/ "gànbou" /'gaNbOu/.

Le occorrenze del dittongo /-Ou/ aumenteranno nella lingua e maggiore ne risalterà l'evidenza dell'inconsistenza grafica generata.
La quale sarà aggravata dal fatto che si graferà (con aderenza all'effettiva pronuncia) "cantòu" /kaN'tOu/, ciò che era stato "cantao" /kaN'ta:u/, ma si continueranno a grafare (difformemente dalla reale pronuncia) "gambao" e "angeo" sostantivi che erano stati /'gaNbau/ e /'aNdZeu/, ma che erano, ormai, divenuti, nella pronuncia, /'gaNbOu/ e /'aNdZOu/, proprio con lo stesso timbro del dittongo (in questi casi atono) del participio passato "cantou" /kaN'tOu/.

MAGISTER 5/3/2001

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